Il nostro falso amore per Capri

di Guido Gargiulo.

Partiamo dal porto commerciale: non lo riqualifichiamo perché si creerebbero condizioni più favorevoli perché poi qualcuno riversi sull’isola ulteriori orde di turisti giornalieri. Stesso motivo – assieme ad altri – per il quale non vogliamo la funicolare o sistema alternativo al trasporto su gomma. Leggasi: non siamo stati in grado finora di arginare e gestire i flussi, figuriamoci quando al porto gli spazi saranno più ampi e più agevole il deflusso e smaltimento dei turisti sul territorio.

Passiamo a via Krupp: non vogliamo neppure sentir parlare della “proposta Gheller” perché il privato diverrà poi “padrone” della strada che, intanto, da sei anni è chiusa al transito.

Il progetto decongestionamento del nodo Due Golfi – perenne e principale punto del caos traffico – lo mettiamo da parte perché è stato voluto e partorito da altri; altrettanto per il parchetto bambini e per l’ex mercatino comunale.

A Cetrella chi vuole e chi può, ci vada percorrendo i due attuali impraticabili tracciati: per chi non lo sapesse o lo avesse dimenticato, infatti, il tratto da/per Monte Solaro, è stato rifatto solo alcuni anni fa ma oggi ne è rimasta soltanto qualche traccia. Si è solo sprecato danaro pubblico per un lavoro eseguito in maniera incredibilmente approssimata. Sistemare i due sentieri (chi parla di strade è ignorante o in malafede)? Assolutamente no, perché anche la vallata verrebbe, poi, invasa da mezzi a due e tre ruote, ideale percorso per la pratica di ciclo e moto cross.

Leggasi: non riusciamo (?) a controllare strade ben più centrali, figurarsi un percorso che conduce in montagna.

Dispute di analogo tenore per altre questioni ancora irrisolte quali l’Area Marina Protetta, la pedonalizzazione di via Roma, l’ex edificio scolastico di Marina Grande e lo scivolo delle barche al porto, intorno al quale si stanno alzando i toni di una nuova querelle. In buona sostanza qualsiasi progetto o iniziativa di riqualificazione e rinnovamento, di cui se ne avverte motivata necessità, si impantana in una serie infinita di polemiche, contrasti, difesa ad oltranza di presunti diritti  acquisiti “sul campo” e quant’altro del genere. In tale contesto, a volte alimentato di proposito, chi è deputato ad intervenire, a scegliere e decidere, trova il pretesto o le favorevoli motivazioni per non farlo. La realtà è che, pur negandolo, siamo condizionati e soggiogati dalla nostra inadeguatezza di “proprietari” del territorio e di incapaci, inaffidabili, irresoluti gestori e controllori dello stesso (via Migliara e via Don Giobbe ne sono tra gli esempi più evidenti e clamorosi). Ciascuno al proprio livello, si manifesta con atteggiamenti e comportamenti che sono, a seconda dei casi, sfumature di uno stesso modo di essere, di interpretare il potere, di anteporre i propri personali bisogni, di far valere le posizioni acquisite non volendo rinunciare neppure a quelle surrettiziamente ottenute. La gran parte delle problematiche di oggi hanno origini in anni addietro, quando sul nascere non si è affrontata la singola questione, dando spazio alla più comoda acquiescenza ed al compromesso, in alcuni casi subendo o imponendo forzature e imposizioni. A conti fatti registriamo così una lunga lista di errori e di occasioni perdute che rappresentano manifestazioni di una scarsissima cultura civica e dell’accoglienza che ci caratterizza innanzitutto come amministratori e cittadini e poi come promotori di turismo, pur essendo quest’ultimo l’unica fonte di reddito per tutti. “Vivacchiamo” così alla giornata, privi di visioni e di proiezioni nel futuro e, quindi, manchiamo di prospettive, di progetti, di programmi; di fatto non ci preoccupiamo delle generazioni future alle quali rischiamo di trasmettere una isola ben diversa, in negativo, da quella che noi abbiamo ricevuto. Restiamo aggrappati al mito di cui ancora gode l’isola che i nostri predecessori hanno saputo sagacemente costruire e alimentare; noi fondamentalmente ne abbiamo e ne stiamo godendo. Di frequente ci lamentiamo di essere sempre più eterodiretti, dimenticando che siamo stati proprio noi a lasciare campo libero a chi dall’esterno, considera l’isola soltanto oggetto dei propri interessi economici.

La nostra piccola, fortunata, opulenta e complessa società isolana necessita di un salto di qualità che è certamente possibile solo se decidiamo di voler voltar pagina, se riusciamo a mettere da parte gli egoismi, le polemiche, gli schieramenti di parte ed essere invece costruttivamente partecipativi, propositivi,  esporci in prima persona, smettere di puntare sempre e solo il dito verso qualcuno, come se tutto ciò che non funziona dipendesse esclusivamente dagli altri.

Trascorso il periodo della cosiddetta “luna di miele”, sarebbe auspicabile che le rinnovate (?) Amministrazioni dessero i segnali della volontà di un reale cambiamento e di una decisa svolta nel metodo di affrontare le problematiche e determinare le scelte.

Nell’attesa e nel dubbio che ciò accada sollecitamente e autonomamente, sarebbe il caso che si attivassero, come mai prima d’ora, le altre realtà sociali ed economiche del territorio: le associazioni imprenditoriali e professionali, le forze giovanili, gli stessi cittadini. Le spinte e le sollecitazioni dal basso sarebbero la testimonianza di un tessuto sociale vitale e vivace che intende responsabilmente partecipare alle scelte che, nel nostro caso, nel rispetto delle tradizionali e delle nostre esclusive caratteristiche, consentirebbero all’isola di adeguarsi alle esigenze e alle necessità del presente e del prossimo futuro.

Cerchiamo si sostituire  vergogna, l’espressione che più si utilizza sui social per commentare le mancanze dell’isola, con soddisfazione e fierezza che esprimono vanto e orgoglio per quanto insieme si riesce a fare per migliorare il nostro paradiso.