Tutto tace al cimitero acattolico

di Michele Di Sarno


Ci sono, qui come in tutto il mondo, delle piccole brutture per i quali i media utilizzano – comprensibilmente – esclamazioni sensazionalistiche per evidenziare le loro aspre critiche, confidando in un feedback di indignazione che, però, rischia di concentrare l’interesse più sui responsabili che sulla criticità riscontrata.
Tentiamo la seconda via.
Avevamo già parlato, non molte edizioni fa, delle condizioni in cui versa il cimitero acattolico di Capri. Purtroppo, almeno fino al momento della stesura di questo articolo, la situazione non è cambiata di molto.

Quando vado al cimitero, preferisco sempre fare un passaggio anche in quella sua affascinante enclave: per me, che curo la rubrica de L’Isolano “Ritagli di tempo”, rappresenta un passaggio obbligato, al limite della devozione, salutare molte di quelle persone che rivivono attraverso libri e giornali dell’epoca.
Il cimitero, voluto a fine ‘800 da un gruppo di artisti tedeschi e inglesi e ampliato – donando il proprio terreno – da Edwin Cerio nel 1936, rappresenta nel modo più drammatico e, contemporaneamente, poetico il legame tra Capri e quei personaggi, nonché la loro ferma volontà di restare qui in eterno, pur non essendovi nati: già solo per questo, non credete meritino una maggior cura quelle sepolture?

Pensiamo, poi, a quanto ci riempiamo la bocca di quei nomi, come quello di Fersen, di Norman Douglas, dello stesso Cerio.
Pensiamo a quanti operatori del turismo raccontano appassionatamente questi personaggi e le loro storie agli ospiti dell’isola: quanto striderebbero queste immagini a corredo di quei racconti?

A proposito di turismo, in questa estate particolare e in autunno, chi sarà intenzionato a fare dei tour con le guide locali alla scoperta di quei personaggi che Capri ha unito, pur provenendo da ogni parte del mondo, cercherà come il pane un sito come il cimitero acattolico.
La tomba – al di là del suo concetto religioso – è l’ultima testimonianza tangibile della storia, e c’è chi vuole osservarla coi propri occhi a conclusione del proprio arricchimento culturale, provando l’emozione di trovarsi a pochi centimetri dal protagonista dei propri approfondimenti.
Insomma, è un luogo che rappresenta anche un’opportunità, per noi.

Ci sono molti turisti a cui non bastano i tour virtuali e le fotografie, neanche le più immersive: vogliono esserci, vogliono connettersi nel senso più arcaico del termine. Perché non dare loro l’idea che la Capri di oggi rispetta e valorizza chi ha reso l’isola, con la propria storia, una meta irrinunciabile?