Dal punto di vista di…Ciro De Riso

di Ugo Canfora.

Incontriamo Ciro De Riso, scultore caprese classe ’73 nel suo laboratorio. Ci accoglie circondato dalle sue sculture e le sue materie prime, tronchi e rami spezzati trascinati dalle onde sulle spiagge dell’isola. Un elemento semplice e primordiale che come ci spiegherà Ciro prende forma nelle sue mani attraverso un processo tanto naturale quanto tortuoso.

  • Raccontaci come è iniziato il tuo percorso artistico.
    “È iniziato per caso, non più di una decina di anni fa il grande fotografo Vittorio Pescatori mi vide intagliare un pezzo di legno con un coltellino su una spiaggia e mi disse che avrei potuto trasformare questo mio ‘gioco’ in un’arte e magari fare delle mostre. In quel momento non diedi molto peso alla cosa, anzi mi ci feci una risata su, ma poi ho pensato: ‘perché non provare?’. E così sono riuscito a organizzare delle mostre qui a Capri. Ma ad un tratto mi sono fermato, non sopportavo l’eventualità di dovermi separare dalle mie opere, visto che molte persone volevano acquistarle. Poi alcuni anni fa, grazie all’incoraggiamento della mia compagna Maria, ho ricominciato, ed adesso eccoci qui”.

  • Come funziona il tuo processo creativo?
    “E’ molto semplice, mi reco sulla spiaggia dopo le mareggiate, scherzosamente dico ‘vado al mercato’, e cerco qualche pezzo di legno che mi dia un’ispirazione, lo raccolgo ed effettuo un primo trattamento di pulizia. Poi lo lascio lì, dove posso vederlo, me lo giro e me lo rigiro, finchè ‘vedo’ qualcosa. È un po’ come quel gioco che si fa da bambini, ci si stende a guardare le nuvole e all’improvviso compare qualche forma conosciuta. All’inizio è sempre così, ho una sensazione ancora sfocata, quindi non mi fermo alla prima occhiata, anzi, ci ritorno su per almeno un mese, e quando mi appare chiara la visione di quello che sarà il legno allora mi decido. Ed inizio a lavorarlo in mente, senza mettere mano agli attrezzi, visto che un solo colpo sbagliato pregiudica il risultato finale. E solo quando l’ho lavorato completamente nella mia mente posso ‘mettere mano’ con i ferri del mestiere. Mi capita di fermarmi, e iniziare altre sculture, per poi tornare alla precedente: insomma tutto molto istintivo. A volte do una definizione ben precisa alle mie opere, a volte le lascio ‘aperte’ in modo da risvegliare il bambino nel cuore di chi le osserva, quello stesso bambino che guarda le nuvole e gli attribuisce con la fantasia le più disparate forme”.

  • Oltre alle mostre a Capri hai esposto anche in altre città, giusto?
    “Sì, alla Biennale di Roma, dove ho portato una scultura ‘La Frustrazione’ che è stata notata dal proprietario della Galleria Arte in Regola dove adesso è esposta, e poi proprio la settimana scorsa a Napoli al Festival delle Arti Subterranea al museo del Sottosuolo dove ho esposto quattro mie opere”.

  • Hai qualche sogno nel cassetto e qualche idea per esposizioni e performance qui a
    Capri?

    “Il mio sogno è molto semplice, continuare a vivere di arte come ormai faccio da due anni, magari con una mia bottega aperta al pubblico dove lavorare e far conoscere le mie opere. Per quanto riguarda la seconda domanda, ho sempre avuto questa idea, di ‘esporre’ lungo le passeggiate più famose di Capri, scolpendo sul posto i rami ed i tronchi degli alberi morti. Anzi per la strada del Pizzolungo c’è già un mio primo ‘esperimento’, anche se solo abbozzato. Vediamo se qualche lettore curioso riesce a trovarlo…