Dal punto di vista di… Andrea Esposito

di Ugo Canfora.

Abbiamo scambiato due chiacchiere con Andrea Esposito, avvocato e giramondo autore dell’avvincente blog viaggidelpalillo.com.

– Raccontaci qualcosa del tuo ultimo viaggio.

Si è trattato di una fantastica avventura in Sudamerica ispirata dalla suggestione della ricerca del ‘mundo perdido’, dalle foreste amazzoniche cadute sotto la scure di coltivatori e affaristi senza scrupoli passando per arcipelaghi che raccontano le gesta di pirati e negrieri o ancora per montagne spogliate dei propri, un tempo ahimè eterni, ghiacciai, per finire alle semi-scomparse civiltà pre-colombiane con le loro incredibili vestigia custodi di una grandezza ormai dimenticata. È stato un vorticoso e a tratti disorientante rimbalzare tra scenari tra loro diversissimi, culminato nel ‘mundo perdido’ per antonomasia, l’incredibile Machu Picchu in Perù”.

– Qual è il posto più impensabile dove hai trovato un po’ di Capri?

Credo di potermi ricollegare alla risposta precedente, una ‘Capri perdida’ su una montagna remota della Colombia, nella regione dell’Eye cafetero, dove senza alcun preavviso mi sono presentato alla porta della abitazione di un mio procugino di ovvie origini capresi, che aveva ivi allestito questo ‘jardin exotico’, uno straordinario esperimento di giardino botanico e zoologico in grado di annoverare specie faunistiche e floreali rarissime, dalla felce più grande del mondo a cactus ormai estinti in natura, iguana australiani e tartarughe giganti delle Seychelles. Attecchiva in loco persino il leggendario peyote. Davvero singolare l’esperienza di vita di questo mio parente, partito da Capri in giovane età per dedicare la vita alla sua assorbente passione per la natura”.

– Ti sei mai trovato di fronte a qualche barriera culturale troppo difficile da superare?

Nonostante il viaggio sia il modo migliore per l’abbattimento di qualsiasi barriera devo, però, ricordare un episodio del 2011 in Ecuador, nel bel mezzo dell’Amazzonia più vera e profonda, ove ci eravamo assai incautamente avventurati spacciandoci per studiosi di un’università americana. La donna che ci accolse nel villaggio ci spiegò che era usanza del luogo quella per cui il capo-villaggio avesse diritto ad una sorta di ‘ius primae noctis’, ragione per la quale era preoccupata per le sue figlie poco più che adolescenti. Egli era in effetti un poco rassicurante individuo che si aggirava perennemente con un fucile e sotto effetto della atahuasca, una droga locale estratta dalle liane. Tra l’altro cominciava a considerare una possibile estensione del suo bottino anche la mia compagna di allora, verso la quale si mostrava baldanzoso, mentre era assai ostile e spaccone con me che rappresentavo ai suoi occhi l’odiato ‘uomo bianco’ invasore. Alla fine tutto si risolse però per il meglio, anche se le figlie fecero il viaggio di ritorno con noi fino ad una missione di Gesuiti al margine della foresta”.

– Un consiglio che vorresti dare a chi non si è mai cimentato in un viaggio in solitaria.

Viaggiare in solitaria è a ben vedere la cosa più naturale che possa farsi: con chi altro dovrebbe essere più facile organizzare il proprio tempo, se non con se stessi? Provate una volta e vedrete come il tempo sembrerà moltiplicarsi. Consiglierei di cominciar dalla vicina Albania, il posto più prossimo a noi capace di disvelare qualcosa di diverso, un’alterità fuori dal nostro caro Occidente, ove grossomodo si vive e ci si comporta tutti alla stessa maniera, che ci si trovi in Sicilia o in Svezia”.

– Un itinerario caprese che suggeriresti ad un viaggiatore avventuroso.

Il sentiero dei fortini ad Anacapri, col suo idillio di natura e storia è di gran lunga un luogo più intimo ed originale ove avventurarsi di una spiaggia di Sharm El Sheik o della Thailandia pullulante di nostri concittadini”.

– Quando lo scriverai finalmente un libro?

Pensi che posso cominciare?”.