Dal punto di vista di…Giovanna Di Ruggiero.

Ugo Canfora

Ospite oggi sulle pagine de L’Isolano Giovanna Di Ruggiero, giovane imprenditrice nel settore dell’abbigliamento artigianale, che nell’ambito del costituendo Consorzio Microimprese di Capri, ha lanciato, con altri imprenditori, un grido d’allarme per la preoccupante situazione delle piccole imprese isolane sfociato in una lettera inviata all’amministrazione. Nel documento si suggeriscono alcuni provvedimenti per aiutare un settore dagli equilibri molto delicati, colpito dal calo del turismo della scorsa estate e con le incognite della prossima all’orizzonte.

D: Come è nata l’idea di questo comitato?
R: È nata  da un confronto fra imprenditori di diversi settori che hanno riscontrato problematiche comuni in un momento storico che pone tutti davanti a grandi difficoltà. Il documento che abbiamo inviato all’amministrazione è stato firmato da 74 imprenditori commerciali del comune di Capri, ma siamo in contatto con realtà analoghe di Anacapri. A mio avviso nella Città di Capri c’è bisogno di un organo che, in sinergia  con l’Ascom, dove confluiscono realtà imprenditoriali molto più articolate delle nostre, ponga un occhio di riguardo a quelli che definisco “i piccoli”.

D: Cosa vi ha spinto a rivolgervi al Comune di Capri?
R: Abbiamo esposto le difficoltà nell’affrontare un’estate, quella del 2020, che ovviamente ci aspettavamo piena di incognite, ma che ha visto un’isola molto indietro nel rilancio della sua immagine. Abbiamo capito la difficoltà, ma è mancata secondo me una strategia  di comunicazione con l’esterno. Si poteva  fare molto di più, e mentre i grandi brand hanno risentito di meno della crisi, per noi la situazione è stata molto più seria, fra spese per sanificazioni e per ottemperare alle norme anti Covid, e proprietari degli immobili che spesso non sono venuti incontro a noi locatari. Dapprima avevamo pensato di cercare la mediazione del Comune con i proprietari, per scongiurare lo spettro delle chiusure delle attività dei capresi, con conseguente “svendita” dell’isola a soggetti esterni. Poi siamo passati a mettere insieme delle possibili soluzioni, faccio un esempio, una card da consegnare ai turisti in arrivo che diano la possibilità di ottenere sconti in particolari negozi, per invogliare chiunque a fare shopping e far muovere la microeconomia dell’isola, ma non solo, aggiustamenti dal punto di vista tributario, creazione di un collocamento isolano e tanto altro.

D: Mi sembra di capire che il vostro settore si basa su equilibri molto delicati con tutto il resto del comparto commerciale e ricettivo dell’isola.
R: Assolutamente sì, e non vorrei assolutamente che si pensasse che la nostra sia una battaglia  contro i big e contro le griffe. Contrariamente a quanto si possa pensare la loro presenza è importante per noi. Negozi, ristoranti ed hotel di lusso, grandi eventi dei brand internazionale, forniscono una porta di ingresso per un tipo di clientela che poi in un secondo momento andrà in cerca di diversità. 

D: Le sue personali previsioni per la prossima stagione turistica come sono?
R: Non buone. Le spiego: il turista italiano, anche quelli con più possibilità, durante questi mesi devono fare fronte con il continuo della pandemia e le sue ricadute economiche, e per quanto riguarda gli stranieri e il loro ritorno, secondo me,  tutto è legato al successo della campagna vaccinale, dobbiamo sperare che vada tutto bene, non giriamoci attorno, senza il turismo straniero avremo grossi problemi. Noi piccoli imprenditori, in quanto più colpiti, siamo molto determinati e pieni di idee, chiediamo un tavolo di lavoro nel quale esporle.


D: Lei cosa proporrebbe per indirizzare verso l’artigianato locale i turisti, italiani e non, alla spasmodica ricerca della griffe?
R: Fra le tante idee quella di coinvolgere le guide, creare dei veri e propri tour nell’artigianato locale, sono convinta che chiunque si innamorerebbe dei nostri prodotti, vedendo come nascono e quanto lavoro e tempo ci sono dietro.

D: Cambiamo argomento, faccio l’avvocato del diavolo, mi convinca a comprare “locale” invece che rivolgermi al web, dove ho tutto a portata di clic e dove ormai le policy di resi sono troppo allettanti per il cliente.
R: La vendita in un negozio è un percorso emozionale, non si compra un prodotto, ma una storia che vorrai ascoltare anche l’anno prossimo, il prodotto che porti a casa ti riporta in mente cosa ti ha raccontato chi ti ha venduto per esempio “quella sciarpa” che vedrai ogni mattina nell’armadio. Noi piccoli artigiani locali abbiamo la possibilità di un’interazione molto più profonda con il cliente, raccontiamo la nostra isola, ci scambiamo opinioni, consigliamo delle chicche, non solo i nostri cavalli di battaglia. Complessivamente un’esperienza che non è sempre da dare per scontata altrove. Anche se, non tutto il commercio online è da demonizzare; ecco,un’altra opportunità sarebbe quella di creare un portale online dalle chiare connotazioni “local” dove racchiudere tutte le perle del nostro Made in Capri, lontano dalle logiche dei colossi dell’e-commerce e dalle loro commissioni spesso insostenibili.

D: Quindi ogni capo, ogni oggetto di artigianato ha una storia. La sua storia invece? Lei lavora da sempre nel settore, e da poco è passata dall’altra parte della barricata, da dipendente a imprenditore.

R: Sì lavoro da sempre in questo settore, non avrei potuto mai fare niente di diverso, mi piace il rapporto con il cliente e che questi si fidi ciecamente di me. Vendere non significa propinare qualsiasi cosa, perchè il cliente uscendo dalla porta diventa la tua pubblicità. Poi è iniziata la mia avventura in “Arte in Maglia”, ho avuto una bella esperienza a Bergamo dove ho avviato i negozi della mia titolare. Esperienza bella e particolare che mi ha fatto capire anche che a Capri c’è un emozione diversa, mentre là il cliente entrava, comprava ed andava via. E dopo, quando la mia titolare deciso di chiudere il punto vendita, spronata proprio da lei, ho trovato un locale ed  ho iniziato un po’ per scherzo la mia avventura con il mio “Capri Tale”, e nel nome appunto richiamo il fatto che dietro ogni capo c’è un racconto, non solo un prodotto.

D: Nonostante tutte le difficoltà  del momento, consiglierebbe ai giovani che lavorano nel settore di fare questo “salto nel vuoto” e mettersi in proprio?

R: Sicuramente, ti cambia la prospettiva sulla vita. Subentrano pensieri e preoccupazioni, ma acquisisci una tempra tutta nuova: sei tu ed il tuo cliente, e devi interpretarlo ed anticiparlo. Quando progetto le mie collezioni penso già al mio cliente, gliele costruisco attorno. Se avete questo sogno nel cassetto e  l’opportunità, consiglio di provarci e nonostante possa sembrare il contrario, trovare spazi da affittare per le piccole realtà non è impossibile.