Un caffè con Capri #24 – La superfluità del Sole
Michele Di Sarno
La sensazione è quella di essere di troppo, oggi.
L’elegante gazebo della Signora ospita un uomo distinto, alto e dal sorriso luminoso. Bello come il Sole, si direbbe.
Ed è lui a parlare.
“Non che mi aspettassi una danza: so bene che appartiene a culture lontane; ma un po’ di gioia e di sollievo al mio ritorno dopo quasi una settimana, ecco, sì.”
Il tono simula risentimento ma lascia trasparire ammirazione: il Sole è vanitoso ma ha ben chiaro, ovviamente, il valore di ciò che inquadra.
La Signora sta al gioco e si dà un’irrresistibile nota snob.
“Lei è foriero di buone nuove, caro mio: nel parlare comune, la sua presenza viene associata al bel tempo e non le toglierei questo titolo per nessuna ragione. Tuttavia, per rispondere alla sua legittima perplessità, ricorrerò ad un comparativo: se lei è il bel tempo, io sono il tempo migliore.
Non si è sentita la sua mancanza perché qui la sua presenza non è determinante: non si può aggiungere valore al valore assoluto. Ha mai sentito dire: “Sono stato a Capri, fortuna che c’era il Sole’?
Le nubi di questi giorni avranno fatto un torto a lei, di certo non a me: gli innamorati hanno nella pioggia il pretesto per correre a ripararsi, i fotografi benedicono le nuvole perché gli fanno da tela neutra, il mare era blu di per sé.”
L’uomo, immobile, fa per spegnersi ma non può. La Signora, sensibile più all’animo ribollente che al calore in senso stretto, lo abbraccia: “Resti quanto vuole, splenda quanto crede, è il benvenuto: però mi perdoni se, agli occhi del mondo, almeno io le faccio ombra.”.