Resistere.

Michele Di Sarno. –

Dalla Presidenza del Consiglio a buona parte dei media, ci si comincia a sbilanciare nel dire che siamo vicini alla fine della pandemia.

La sensazione dell’ “ultimo miglio” ad alcuni fornisce energie supplementari, ad altri comporta crampi e insofferenza.

Viene in mente la storia di Dorando Pietri, maratoneta emiliano che alle Olimpiadi del 1908 arrivò primo percorrendo però gli ultimi metri della maratona sorretto dai giudici di gara, perché stremato. E addio alla medaglia d’oro: squalificato.

È il momento di resistere, anche per noi isolani: siamo un paese abituato ad una vita semplice e tranquilla, con qualche schermaglia à la Don Camillo e Peppone, presepe d’inverno e animatori da Capodanno d’estate; il dubbio di aver dimenticato l’autocertificazione o la mascherina di riserva a casa, così come il passaggio silenzioso e silenziatore delle Forze dell’Ordine nelle stradine fanno sì che ci si senta in difetto anche se non si sta facendo nulla di sbagliato.
Queste sensazioni sono quelle che maggiormente mettono alla prova la resistenza delle persone più abitudinarie, che si sentono smarrite a casa propria: ad esempio, nonostante Il Sole 24 Ore abbia recentemente chiarito che non esiste più il vincolo dei 200 metri per l’attività motoria individuale “nei pressi del proprio domicilio” in zona rossa, la percezione di camminare sulle uova un po’ opprime e lascerà inevitabilmente qualche segno anche più avanti. Senza parlare – perché già se n’è parlato tanto – di tutte le conseguenze dirette di quest’anno in apnea.

Siamo davvero vicini alla fine, come dicono? Bisogna crederlo ma restando preparati ad eventuali smentite e ripensamenti, interpretando quel “vicino” con il nostro criterio peggiore: solo così potremo permetterci di percorrere i veri ultimi metri con le nostre gambe senza vanificare a colpi di esasperazione quanto fatto finora.