Lavoro: i pregiudizi sono inutili
di Michele Di Sarno. –
Tra isolani e cittadini di terraferma solitamente pare correre buon sangue ma, in periodi di oggettiva difficoltà come questo, più di qualche vena si occlude e lo stesso sangue si ferma a riscaldare teste e animi.
È questo ciò che sta accadendo in questi giorni sui social network, da molte settimane diventati il principale ambiente di socializzazione. I pendolari con contratto a tempo indeterminato – per via dell’ordinanza sindacale che vieta anche a loro di sbarcare sull’isola – protestano perché rischiano la cassa integrazione ed evidenziano il fatto che altrove questo divieto non c’è: questi lavoratori, mentre esprimono le proprie perplessità alla stampa, vengono redarguiti da isolani “stagionali” che percepiscono solo il bonus di 600 Euro e non la cassa integrazione – quest’ultima più lauta – come i primi; gli stagionali che non fanno parte direttamente del settore turistico si risentono ancora di più coi primi e coi secondi perché esclusi anche dagli aventi diritto al suddetto bonus.
Le difficoltà improvvise – specie quando non dipendono da chi le subisce – sfociano nel rancore: chi non ha fiducia nelle istituzioni né tantomeno crede nella forza delle associazioni di categoria, trova motivo di sfogo della propria comprensibilissima frustrazione in chi ritiene che non abbia diritto di lamentarsi tanto quanto lui.
I pregiudizi sono gli appigli più a portata di mano quando viene a mancarci il terreno sotto i piedi: e allora ricomincia la tiritera del napoletano che dovrebbe ringraziare il caprese perché quest’ultimo gli permette di lavorare; il caprese che dovrebbe ringraziare il napoletano perché è grazie ai tanti pendolari che i servizi essenziali sono garantiti; i capresi e i napoletani che dovrebbero ringraziare gli stranieri perché questi fanno quei lavori che nessuno farebbe; gli stranieri che dovrebbero ringraziare gli italiani poiché questi gli fanno fare dei lavori che, chissà, coi tempi che corrono anche gli italiani farebbero.
Insomma, dovremmo ringraziarci tutti l’uno con l’altro e invece siamo ad un passo dall’insulto reciproco.
Quando scrivo “noi” mi riferisco alla collettività, perché c’è da riconoscere che invece tante persone – sebbene ugualmente in difficoltà – non cercano nemici a cui addossare la colpa di questo repentino cambio di priorità e di aspettative per il futuro.
Dobbiamo essere bravi a non cedere alla tentazione di trovare sollievo nel pregiudizio, ma chiedere quello che crediamo ci spetti a chi di competenza, lasciando che anche gli altri lo facciano per tutelarsi avendone il diritto esattamente quanto noi: magari butteremo via anche quell’infondata etichetta che hanno i capresi – a sentir parlare un po’ di persone che non vivono qui – di essere tutti benestanti: ditelo a quelli che hanno inoltrato il modulo per ottenere i buoni spesa.
Già l’impoverimento a cui andiamo incontro preoccupa tutti noi, non lasciamo che questa condizione possa ledere anche la dignità: è tra le poche cose a cui possiamo ancora scegliere di non rinunciare.