Un caffè con Capri #6 – Ospiti di casa

Michele Di Sarno. –

Vestiti di un’eleganza impeccabile, gli addetti all’accoglienza per conto degli alberghi formano una fila che sembra un lungo striscione di benvenuto; i berretti rigidi, ricamati con i nomi di hotel che non ci sono più, sembrano dei pregevoli fregi militari.
Chiedo al signor Giuseppe cosa ci facciano schierati nel cortile della Signora.

“Fanno il loro mestiere: accolgono i turisti”.

Il notaio Pagano deve avere intercettato la mia espressione interrogativa in merito a quali turisti mai possiamo aspettarci in pieno inverno, soprattutto quest’anno: “La Signora dice di non aver mai visto tanta gente negli ultimi sessant’anni, a febbraio: mi ha incaricato di adoperarmi affinché siate accolti al meglio!“.

Quel “siate” mi ha svelato la sottile provocazione.

“Non mi dica che le persone che mi abitano in queste settimane sono tutte nostre concittadine?!”. La risata rassicurante e materna della Signora spalanca la porta del suo salone e illumina il divano porpora di una luce regale che si riflette sul quel viso trascendente il concetto di età.

Effettivamente, è la prima volta che, per forza di cose, non si è registrato il classico esodo caprese verso mete “scacciapensieri” come la Thailandia o Santo Domingo.
Intanto, il caffè servito dal caro Giuseppe è impossibile trovarlo altrove e risulta già un ottimo motivo per non rimpiangere troppo le vacanze mancate.

“So che gran parte di voi consumate in lungo e in largo le mie vie, specie quelle più impervie che vi danno la sensazione di aver scoperto qualcosa di nuovo che, in realtà, è il premio spettante solo a chi mi ama così fortemente da non derubricare mai quell’amore in una stanca abitudine: la manifestazione più potente del sentimento più fragile sta nel coraggio di cercare, ogni giorno, un dettaglio inedito, lasciandosi percorrere anche da quell’ingenuo e vano timore di non trovarne.
Questo periodo potrebbe essere l’occasione per rinverdire con semi nuovi il rapporto tra me e voi: lo scintillio dei vostri occhi potrebbe far ardere il fuoco delle idee atte a valorizzarmi…”

Questa pausa grida umanità.

“… E a proteggermi”.

Esco, con uno dei “conduttori” in divisa che, sulla porta, mi affida il suo berretto e una valigia pesante di nuove responsabilità: la prendo in carico con abbastanza forza da poterla trasportare almeno fino a qui, dove possiamo dividerci il compito.