Un’isola zeppa di artisti

di Michele Di Sarno. –

Risulta impossibile menzionare tutte le forme d’arte rappresentate e onorate sul nostro territorio. 

Più semplice, invece, è accorgersi che i talenti “di casa nostra” meritino – al di là dell’effettivo bisogno che non spetta a noi misurare – più considerazione da parte di tutti.

Un’attenzione che andrebbe dedicata costantemente e non solo per redigere programmi di eventi legati alle festività: la materia prima non manca, tutt’altro.

Quel che manca è, forse, ciò che innescherebbe un virtuoso effetto domino: il sincero riconoscimento di queste realtà come patrimonio socio-culturale.

Nel momento in cui dovessimo accorgerci davvero dell’importanza degli artisti locali, verrebbe da sé l’esigenza di creare frequenti occasioni per farli esibire attraverso questa o quella disciplina; di conseguenza, ci si adopererebbe affinché gli aspetti tecnici e organizzativi – burocrazia, luci, audio, comunicazione – siano quanto più automatici, veloci e lineari è possibile (un artista dovrebbe pensare solo a creare); a seguito di ciò, infine, verrebbe naturale il desiderio di esportare – temporaneamente, ci mancherebbe – i “prodotti” del nostro territorio, contribuendo al buon nome dell’isola anche come rinnovata fucina di talenti che, in quanto a fama nazionale, non proponiamo da decenni, pur avendone.

Gli investimenti in questa direzione appaiono direttamente proporzionali alla percezione che si ha della qualità espressa dal comparto artistico locale: occorrerebbe, forse, un parere oggettivo ed esterno che esamini, analizzi i nostri talenti – dai più grezzi ai più rodati – al fine di valorizzarli al meglio in un’ottica win-win.

Il rischio, in assenza di ciò, sarebbe il progressivo auto-ridimensionamento, cioè la rinuncia a priori da parte dell’artista di spingersi un po’ più in là, perché non avvertirebbe quella protezione, necessaria, nelle proprie radici: “nemo propheta in patria” dovrebbe essere solo un vecchio luogo comune smentito dai fatti.

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