Ritagli di tempo #1: Il numero chiuso

– Michele Di Sarno –

Trentasette anni fa già si parlava di “numero chiuso” per Capri. In un articolo dell’agosto 1982 pubblicato dal quotidiano “La Stampa”, i due sindaci in carica Saverio Valente e Fausto Arcucci erano in procinto di organizzare un convegno con il Censis, celebre istituto di ricerca, per dibattere sui dati che registravano fino a ventimila arrivi giornalieri nelle domeniche di quei mitici Anni Ottanta. In quelle righe, il problema veniva argomentato badando sicuramente meno al politically correct, rispetto ad oggi: “Come si fa? Si portano tutto […] e comprano sì e no una Coca-Cola”, dichiarò l’allora sindaco di Capri al giornale. Ora bisogna stare attenti a come si parla: già un’espressione, pur calzante come “limitiamo gli sbarchi” potrebbe essere fraintesa e accolta con facili entusiasmi, data l’aria politica che tira. E poi oggi non sarebbe corretto esprimersi in questo modo nei confronti degli avventori “mordi e fuggi”: avete idea di quanto costi una Coca-Cola, qui da noi? A parte gli scherzi, negli anni si è corretto il tiro e l’esigenza del “numero chiuso” si riferisce principalmente alla sicurezza ed alla vivibilità dell’isola in estate. Allo stato attuale, se un drone riprendesse il porto dall’alto, la scena somiglierebbe tanto ad un documentario sui momenti di antennazione tra le formiche, cioè quando queste corrono e si scontrano una con l’altra per scambiarsi informazioni sulla meta da raggiungere. Possiamo supporre che le compagnie di navigazione – utilizzo ancora il plurale, finché si può – non sarebbero d’accordo perché, pare, ne risentirebbero: non sia mai che poi si sentano in dovere di aumentare le corse d’inverno per noi poveri isolani, talvolta isolati e spesso isolanti, nel senso che non riusciamo a darci una scossa nel chiedere quantomeno un equilibrio più sano tra la stagione turistica e quella invernale. Quindi sarei anche favorevole a limitare gli arrivi, se non fosse per la paura di ritrovarmi un bel giorno l’addetto alla biglietteria del Beverello che con ghigno beffardo mi dice: “Hai voluto il numero chiuso? E mo’ statte ‘cca”.

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