I fogli nel cassetto #1: Social&Haters

– Ugo Canfora –

Ormai da anni assistiamo, impotenti o meglio assuefatti, ad una deriva apparentemente incontrollabile dell’uso dei social. Le bacheche virtuali diventano molto spesso un contenitore di messaggi dove l’odio, l’approssimazione e la presunzione fanno da padroni: violenza, razzismo, misoginia, omofobia, condivisione a cuor leggero di fake news di ogni genere e soprattutto una drammatica insoddisfazione di fondo che trapela da ogni parola. Viene citato spesso  un gigante della cultura quale Umberto Eco, che senza usare mezzi termini tuonava: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.”

 Lungi da me voler sembrare più arguto di Umberto Eco, precisazione alquanto inutile, ma vorrei provare a guardare al problema da un’altra angolazione.

Spesso discutendo su questo tema e mostrando le mie preoccupazioni mi sento rispondere con  “lascia perdere quello che scrivono sui social, sono bravi tutti dietro una tastiera…”. Non me la sento di minimizzare, secondo me il problema è più profondo. Non si tratta di preoccuparsi di quello che la gente scrive o dove lo scrive: il problema è quello che la gente pensa. Siamo ormai abituati a imbatterci in esternazioni confuse, incoerenti, discutibili, gratuitamente violente ed offensive, associate a nomi e cognomi o nickname che non ci dicono nulla. Oltre a questo ognuno di noi quotidianamente scopre “insospettabili” amici e conoscenti apparentemente mansueti, riflessivi e competenti che all’improvviso ci sorprendono con scorribande online al limite del delirante. Mamme, padri, nonni, rispettabili membri della comunità vittime della sindrome da Dr. Jekyll e Mr. Hyde.

Cosa c’è alla base di questo? Qual è il minimo comune denominatore di violenza, razzismo, misoginia, disinformazione, presunzione? Sicuramente quel senso di insoddisfazione e di rabbia   che probabilmente qualcuno ha ritenuto opportuno di alimentare ad arte, in maniera costante e pervicace, tanto da non farcene accorgere.

C’è da preoccuparsi perché dietro questi hater da tastiera probabilmente si nascondono i prossimi Rosa e Olindo, Zio Michele e Sabrina, il prossimo Parolisi, il nuovo Luca Traini e così via. Non mi sembra di esagerare, anche perché la storia di questi personaggi, spesso declassata a sideshow da trasmissione pomeridiana inizia sempre con la rituale intervista in cui qualcuno dice “Salutava sempre… era una persona così tranquilla, sempre gentile con tutti…”. Non ci soffermiamo sulle disquisizioni sul diritto di parola e chi lo merita o meno,ma non minimizziamo le scrittine sullo schermo di un cellulare. Il cortocircuito avviene in fase di pensiero e solo con lo stesso pensiero possiamo batterlo: cerchiamo il dialogo e  ragioniamo con questo tipo di persone, impieghiamo dieci minuti al giorno a riportare le discussioni nei binari della civiltà di base, anche se spesso in questi casi è frustrante porsi con equilibrio e pacatezza, utilizziamo quel tempo tecnico che passa fra la formazione di un pensiero alla pubblicazione del medesimo.

È banalissimo dirlo, come banalissime sono le faccine arrabbiate dei messaggi, i maiuscoli forzati e le sfilze di punti esclamativi, ma forse se ci impegniamo siamo ancora in tempo a fare qualcosa.