[Capri ce la farà?] Risponde Lorenzo Coppola
Lorenzo Coppola, vicepresidente di Federalberghi Capri, risponde a L’Isolano.
“Per la mia generazione ed anche quella precedente è la prima volta che ci si trova in un contesto come questo, in cui la stagione turistica rischia di essere compromessa, almeno nella sua prima parte: non è possibile fare una previsione precisa perché la situazione è mutevole. Comunque, considerato che il clou della stagione lavorativa si riduce di per sé a cinque mesi, anche dovervi rinunciare in parte rischia di pesare molto.
Ci sono ragioni per credere – nonostante le prime, ottimistiche dichiarazioni di alcuni albergatori – che ad oggi non ci saranno strutture che riapriranno prima di Pasqua né, probabilmente, entro la settimana successiva. Bisogna anche considerare il fatto che, quando il picco comincerà a calare in Italia, ci saranno altri Paesi – quello dove il problema è attualmente meno sentito – ancora nel pieno della pandemia: il turismo non dipende soltanto dalla meta ma anche dal contesto in cui vivono i potenziali viaggiatori.
Dovremo, inoltre, affrontare le conseguenze di una mancata strategia centralizzata tra tutti gli Stati per fronteggiare la diffusione del virus. Nel momento in cui il problema sarà risolto, il nome ‘Capri’ tornerà ad avere l’appeal che ha sempre avuto, ma bisogna cominciare a lavorare in maniera sistemica con una cooperazione tra tutti gli operatori turistici – dai trasporti alle guide, agli albergatori – al fine di promuovere la destinazione ‘Capri’ nella sua interezza e non solo le singole realtà presenti sull’isola.
Non si è mai ottenuta una strategia per la destagionalizzazione, fino ad oggi sempre mirata a singole attività quando invece dovrebbe essere creata su misura per il turista, per invogliarlo con buone ragioni a venire sull’isola nei periodi in cui ad oggi si è chiusi. Distribuire i flussi turistici su otto, nove mesi anziché sei aiuterebbe anche a rendere più godibile Capri nei mesi ‘caldi’, tutelandone la vivibilità”.