Un caffè con Capri #20 – Incenso e zucchero filato
Michele Di Sarno. –
Tredici maggio, vigilia di San Costanzo.
Marina Grande o, più precisamente, la realtà parallela che si materializza nel cortile astratto della Signora, è tutta un caleidoscopio di impulsi sensoriali: suoni, colori, profumi e sapori. L’incenso che si mischia allo zucchero filato, le lampadine disegnano la mappa del borgo marinaro e dalle bancarelle il volume degli inviti ad acquistare compete con quello della banda musicale.
Sacro e profano convivono serenamente ma…perché già oggi? Ma, soprattutto, com’è possibile, quest’anno?
La Signora, elegantissima nel suo tailleur blu che non avevo mai avuto l’onore di vederle addosso, dirada i miei interrogativi: “Non posso elaborare concetti così complessi come la fede e la conseguente religone: tuttavia, mi lusinga il fatto che un popolo abbia assunto un Santo per il compito di proteggermi. Mi fa sentire importante.
Questi preparativi sono per il prossimo anno, quando avremo di nuovo la possibilità di ripetere tutte le nostre tradizioni, a patto che lo vorrete davvero: chissà, questi due anni scarsi di pausa magari avranno stravolto le vostre priorità. Già negli ultimi anni, la partecipazione alla festa, sia nella sua componente religiosa che in quella civile, stava calando: quando lo scorso anno, però, avete realizzato che la tradizione non avrebbe potuto avere luogo, vi ha preso la nostalgia.
È sempre così: le tradizioni sono quegli appuntamenti messi in piedi dall’uomo al fine di perimetrare la normalità nel corso del tempo. Quando il Natale non entusiasma più, vuol dire che i figli sono cresciuti; quando la Pasqua la si fa veramente ‘con chi vuoi’, la famiglia – almeno fisicamente – è ormai un po’ disunita. Lo stesso vale per le feste patronali: è quando queste non avvengono nella forma abituale, che il popolo realizza davvero la serietà di qualcosa che coinvolge l’intera collettività. Non mi sorprenderebbe se qualcuno, in questi giorni, avesse chiesto informazioni sulla processione o, addirittura, sulle bancarelle: spero siate stati comprensivi, perché le persone affidano alla retorica anche la speranza. Il ritorno alla normalità, qui, non verrà ufficializzato da ordinanze e decreti ma dall’aria di festa che, presto, ritorneremo a respirare”.
Non so se l’anno prossimo l’entusiasmo sarà più forte dell’inverno che, probabilmente, trascorreremo a leccarci le ferite: so, però, che vorrei la Marina piena di quel caos paesano ancora una volta. Almeno una volta.