Un caffè con Capri #5 – Lo spettro del vento
di Michele Di Sarno. –
“La prego, mi chiami semplicemente Giuseppe“.
Da quando ho capito che l’accogliente cameriere del bar che attraverso per incontrare la Signora è, in realtà, il primo locandiere dell’isola, non riesco più a celare il mio timore reverenziale.
“Io ho solo aperto la porta di casa ai primi che hanno desiderato e raggiunto l’isola quando questa non era ancora à la page: chi non l’avrebbe fatto?
Comunque, la Signora non mi ha detto che lei sarebbe tornato oggi, così mi sono preso la mattinata libera. Faccia una cosa: provi ad andare da solo, magari la vede e la fa accomodare. Buona giornata!”
Mi districo tra i pochi tavolini che sfidano il freddo e passo attraverso la solita porticina magica che mi conduce nel cortile della Signora. Rami per terra, fusti piegati, sedie in vimini capovolte e alla rinfusa, barchette tirate in secco da pescatori con le mani bruciate dalle funi.
“Entri, non faccia caso al disordine!”, mi dice la Signora che nel frattempo aveva aperto la porta mentre ero distratto da quel che lei, con un inusuale understatement, definisce “disordine”. Anche lei – vi confesso e spero mi perdoniate la sfacciataggine – mi appare…spettinata.
Forse minimizza perché non vuole che le chieda cosa sia successo: tuttavia, se non glielo chiedessi non avrei motivi per essere qui.
“Lei dove vive?” – mi domanda con una altrettanto insolita, severa ironia – “Il vento dei giorni scorsi sembrava una contrappasso dantesco per essere chiusi in casa da troppo tempo: per un attimo ho creduto che fosse destinanto a durare in eterno”.
Il vento?
“Non sia superficiale con me! Ogni albero che si spezza è una cicatrice in più, ogni mareggiata mi consuma: al primo bussare veemente dell’onda, io tremo”.
Io, invece, m’infrango a mia volta di fronte a questa fragilità così sorprendentemente umana.
“Cosa credeva? Che non ci fosse qualcosa più grande di me? Sono solo un’isola: soggiaccio al volere del mare e della luna, non ho altra terra amica. Non pensi sia facile essere Capri qui, in mezzo al nulla: per tante volte in cui il Golfo appare come un funzionale ponte azzurro, spesso sa essere un insieme di invalicabili, violente sbarre di spuma”.
Aveva bisogno di esorcizzare questi giorni di tensione ancestrale, sono onorato che abbia deciso di farlo con me.
“Adesso mi deve scusare, non amo mostrarmi in disordine ma capisco che lei ha questa strana attrazione verso il mio caos: come si dice? Tanto le dovevo”.
Oggi non scruto alcun personaggio iconico dell’isola degli anni d’oro, uscendo da questo cortile cristallizzato: quei pescatori, però, portano sul volto i segni del tempo. Di ogni tempo.