Nel 2021 c’è sempre il “20”

Michele Di Sarno. –

Il 1° gennaio non cambierà nulla.
Ci giungeranno notizie di nuovi decessi di persone positive al Coronavirus, di vaccinati insultati dai “NoVax”, di curve che salgono o scendono, di imprenditori e dipendenti che non sapranno come fare.
L’anno nuovo è quella coperta di Linus che ci portiamo dietro per proteggerci da quello che ci sta capitando e che non si capisce bene quando finirà.

Vale per tutto il mondo, anche per noi capresi.

L’incertezza è il maggior motivo di preoccupazione, frustrante, che vogliamo esorcizzare con la festa e col calendario nuovo. Non sappiamo niente: l’unica cosa certa, quest’anno – come sempre e per sempre, del resto – sono state le tasse di cui l’ultima, la TARI, ci ha fatto andare di traverso gli struffoli, considerata la particolare tempistica di consegna. Tuttavia, è rassicurante il fatto che almeno qualcosa ci tenga legati al mondo per com’era prima del virus.

Ironie a parte, il nostro essere da anni cavie del “lockdown” (almeno tra novembre ed aprile) sta facendo reggere i più, almeno dal punto di vista psicologico, meno da quello economico. Il battito aumenta ancora, però, se ci poniamo la domanda sulla prossima stagione teoricamente turistica, lontana quattro mesi ma sempre più vicina quando frugheremo tra i nostri risparmi: lavoreremo? E, se sì, da quando e per quanto?

È chiaro che nessuno possa darci una risposta ora, perché dipenderà – oltre che dai comportamenti di ognuno di noi – dalla copertura vaccinale che, a sua volta, influirà pesantemente sulle decisioni relative alla possibilità di viaggiare e rimettere quindi in moto il sistema-turismo, messo in estrema difficoltà dalla pandemia.

Quindi, nel 2021 si legge chiaramente ancora il “20”: un po’ come il concetto di “yin e yang” per cui, nel nostro caso, nonostante i due anni generino in noi sentimenti opposti quali la delusione e la speranza, siamo invitati a non eccedere in nessuno dei due stati d’animo per non rischiare di subirne pure le relative conseguenze.

Quindi, speriamo con consapevolezza e preoccupiamoci il giusto. In altre parole, resistiamo: sappiamo che l’isola è il sogno nel cassetto di tanti, è la tradizione che i nostri habitué vorranno riprendere quanto prima, è la terra promessa di chi ha bisogno di bellezza dopo questo periodo.
Capri e Anacapri apriranno le porte appena sarà possibile, senza aspettare nemmeno un minuto: prepariamo, dietro le mascherine, il nostro sorriso migliore.