…perché gli altri siamo noi!
di Michele Di Sarno. –
Quando ci rialzeremo – perché ci rialzeremo – non dimentichiamo com’è stato facile mettere in ginocchio un intero sistema economico come quello del turismo. Anche quello della nostra isola, apparentemente così solido, che da decenni ci permette di fare risultato anche in maniera un po’ spavalda, quasi come se fossimo noi a concedere la grazia al resto del mondo di venirci a fare visita.
Quante volte abbiamo ascoltato i turisti parlare dell’esperienza a Capri come del “viaggio della vita”? Quello che, almeno una volta, bisogna fare? Perché Capri è Capri. Ma Capri ai tempi del coronavirus è una meta procrastinabile, se non addirittura trascurabile. Da fine gennaio ho visto l’escalation dell’egoismo di massa, partendo da “meno male che è pieno inverno, non ne risentiremo noi che lavoriamo da marzo in poi”, passando per “capirai, sono asiatici, quelli non portano soldi”, arrivando a “finché il focolaio è circoscritto al Nord Italia, basta tenere a bada quella zona e quaggiù sarà tutto come sempre”.
Non che io non mi sia lasciato condizionare da questa che è anche una tendenza ad auto-rassicurarsi per esorcizzare paure latenti: io non ho la più pallida idea di cosa sia una forte contrazione in termini di richieste per Capri, lo ammetto. Più facile è pensare che non succeda mai. Nel 2008-2009 ero molto giovane, tuttavia ricordo una flessione dovuta alla Grande Recessione che colpì duramente anche l’Italia: niente, però, di vagamente paragonabile a quello che vedo adesso. Almeno emotivamente, intendo, perché i conti si faranno alla fine e da quelli bisognerà partire per riprogrammare certi parametri, dagli standard qualitativi alle strategie da introdurre per meritare la fiducia che gli ospiti vorranno accordarci. Sia chiaro, Capri è Capri e la fiducia l’avremo: ma sarà meno incondizionata.
A riprova di quell’egoismo che mi vede tra i colpevoli, avrei concluso qui il mio articolo. Poi, però, mi capita di incrociare lo sguardo con anziani che goffamente nascondono la paura, con persone che convivono con realtà in cui il virus non deve presentarsi nemmeno come ipotesi. Per loro, che la stagione turistica vada in vacca o meno è un destino secondario: la priorità è la salute.
La salute è quell’aspetto della nostra vita che dimentichiamo quando stiamo bene, che diamo per scontato. Come l’energia elettrica, l’acqua corrente o la fede al dito. Quando c’è un guasto, ci pesa l’assenza o ci infastidisce l’impatto che le nostre certezze hanno sulla nostra routine. Le regole, poi, non fanno per noi: cerchiamo sempre di infilarci in quella minuscola intersezione tra la legge e le nostre abitudini, sfidiamo sempre gli altri (responsabili di locali, amministrazioni, gestori di servizi) a metterci briglie quanto più strette è possibile perché poi, se ci muoviamo a convenienza nostra, la colpa è loro che non l’avevano previsto.
Ci rialzeremo, ma è vitale abituarci a pensare anche agli altri perché, come dice quella vecchia canzone: “…tanto, prima o poi, gli altri siamo noi”.