Ritagli di tempo #10: I panni sporchi
di Michele di Sarno.
“Corriere della Sera”, 10 settembre 1883. Riporto con sorpresa e divertimento quella che forse è la prima esposizione su scala nazionale dei problemi – o, per meglio dire, dei tabù – della nostra isola. Il reportage è a firma anonima e la prima cosa che ho notato leggendo la lunga dissertazione (quella che vedete in foto è solo una piccola parte) è che questo avventore è riuscito a tracciare un profilo preciso degli indigeni, dell’amministrazione e del potere della Chiesa, nonostante fosse piena estate. Ora sarebbe impossibile profilare i caratteri di noi isolani e dei politici che li rappresentano. Non fino ai primi di novembre, almeno. Se tornasse oggi, il misterioso viaggiatore ci definirebbe “camaleontici” come elettori e un po’ spenti come cittadini, secondo me.
Nell’articolo si descrive chiaramente un sistema clientelare alla base della politica locale, una Chiesa moralmente discutibile perché non adeguatamente controllata e, cito, “i vaporetti che non ci vengono per obbligo, ma per loro specifico tornaconto e son privi di conforto”.
Problemi di cui, bisogna dirlo, poteva accorgersi soltanto chi viveva altrove ed aveva un approccio alla civiltà quantomeno più moderno. D’altronde, un problema che non è sentito da chi vive in quel posto dove c’è un’anomalia oggettiva, altrettanto oggettivamente non viene considerato un problema. Questo doveva essere il comune pensiero, se di pensiero si può parlare.
Non mi va di colpevolizzare gli isolani di allora, che non avevano altre realtà con cui paragonarsi. Ma questa mentalità ci condiziona, ingiustificatamente, ancora oggi, specie quando – dopo un blando risentimento di fronte al rinnovarsi di ciò che non va, dalla corsa che salta a dei lavori fermi, ai danni del maltempo – ci abbandoniamo alla rassegnazione, riprogrammando le nostre abitudini e risintonizzando le nostre aspettative in modo da illuderci sempre meno e accontentarci sempre più. Così farà sempre meno male. A noi, almeno: alle prossime generazioni, non saprei.