Dal punto di vista di … Gigi Fenderico
di Claudia Catuogno.
“Un ruolo insolito per me, quello dell’intervistato. Da quarant’anni sto dall’altra parte, a fare domande. E’ la legge del contrappasso, ma ci sta”.
Gigi Fenderico, Luigi all’anagrafe, adora Capri. “Irrinunciabile”, commenta. Ci viene tutto l’anno, appena il lavoro lo consente. “Ormai manca poco alla pensione. Rimarrò qui. Ho rincorso aliscafi e treni per quarant’anni. Basta, grazie”.
Giornalista dal 1979 e giornalista parlamentare dal 1989, ha lavorato nella carta stampata fino al 1994 e poi per la televisione, a Mediaset, dove cura il programma di comunicazione politica Super Partes, in onda su tutte le reti Tv e radio del gruppo di Berlusconi.
– Perché Capri?
“In verità, la mia prima isola del cuore è stata Procida. Tra il 1980 e il 1983, lì ho vissuto anni bellissimi. C’era un progetto lungimirante, da parte del comune e di un gruppo di giovani imprenditori, per una svolta nel profilo turistico dell’isola. Ne fui protagonista, come capo ufficio stampa. Una soddisfazione enorme: per molti fu la scoperta di Procida, fino a quel momento un puntino nel Mar Mediterraneo. Poi, la politica locale cambiò rotta e la separazione fu inevitabile. Per me, un dolore”.
– Poi, l’isola azzurra le entrò nel cuore…
“Si. Ero diventato più maturo, meno ribelle. Verso Capri avevo vissuto una sorta di ‘snobismo all’incontrario’: per me, un’isola doveva essere sale e sole e mare, punto. Capri l’avevo vista solo dalla costa, quando ci venivo con il mio gozzo e dormivo al porto o in rada. Conoscerne da terra i percorsi, perdere il fiato ammirando le sue vedute, immergermi nella voce e nei silenzi della sua natura, fu una folgorazione. Scelsi Anacapri, abbagliato. Presi casa lì nel 1990, ‘vascio ‘a Fullecara’, affacciata a Mezzogiorno. Però, il mio cuore batte forte su ogni versante dell’isola. Non mi sento nè ciammurro, nè chiazziere… caprese e basta.”
– A proposito di mare, è favorevole all’Area Marina Protetta?
“Sicuramente sì, però, deve essere una cosa seria: un progetto che non sia demagogico e populista, che non sia divisivo. Il diporto nautico è una ricchezza: lo è per l’isola e per l’Italia, che vanta la migliore cantieristica del mondo. Però, Capri subisce un’invasione di barche da noleggio dal continente che è divenuta padrona assoluta di cale e grotte e soffoca il turismo nautico stanziale. Una Amp potrebbe portare a regolamenti capaci di arginare questa invasione e a restituire il mare ai capresi. A quelli che vanno sui bagnasciuga, ma anche a quelli che qui hanno una barca. Il turismo nautico deve essere regolamentato, non ucciso”.
– I noleggiatori capresi temono che l’Amp possa danneggiarli…
“Il mare non può essere appalto esclusivo di una categoria: sarebbe come dire che i tassisti sono i padroni delle strade. Il mare è un bene pubblico. Se appartenesse solo ai noleggiatori, capresi o no, sarebbero i soli a guadagnarci: il porto turistico andrebbe in malora, l’indotto nautico pure, i diportisti porterebbero altrove le loro barche e il mare di Capri diventerebbe una giostra, inguardabile e invivibile anche per chi lo gode dal bagnasciuga. Ripeto: serve un progetto che rispetti tutti gli attori in campo”.
– Torniamo sulla terraferma. Quali sono i difetti di Capri?
“A chi si ama in maniera così intensa e profonda si perdona tutto, ma bisogna pensare anche al suo bene, a conservare tutto quello che di bello Capri rappresenta”.
– Quindi?
“La cosa che mi terrorizza di più è che, per fare cassa, possa diffondersi via via uno scadimento della qualità turistica dell’isola. Roma è morta per questo. E’ letteralmente collassata. Perché non potrebbe succedere anche a Capri?”.
– Poi, c’è la polemica sulle tipologie di turismo…
“Quello residenziale è stato cacciato via, a calci. Eppure, c’era tanta bella gente che manteneva viva Capri anche d’inverno, affollando i pochi locali aperti. Scoraggiarli, per un’isola dove il turismo vive pochi mesi l’anno, non è stato bello e non è stato un affare. Sono turisti stanziali, che andrebbero spinti ad aprire case e ville tutto l’anno, com’era un tempo. Potrebbero essere loro lo zoccolo duro del turismo caprese in bassa stagione, il punto di partenza. Forse, però, a qualcuno fa comodo tenere Capri chiusa sei mesi l’anno e liquidare la pratica con un’alzata di spalle. Ora che la Naspi è stata dimezzata, invece, a molti lavoratori capresi farebbe comodo avere opportunità in più. Poco è meglio di niente ed andare a svernare in Thailandia non è una soluzione, specie per chi non può permetterselo. ”
– Se fosse sindaco di Capri, che farebbe?
“Non ci sono provvedimenti amministrativi che, da soli, possono essere risolutivi. La prima dote di un sindaco è il consenso. Non quello dei singoli, ma quello delle categorie portanti dell’economia e della società locale. Un consenso capace di imporre a tutti una sintesi illuminata di cosa fare e di cosa non fare per il bene comune. La cattiva politica è quella che mantiene il potere complottando direttamente con spezzoni di società e di cittadini, con chiunque si possa conquistare con promesse ‘ad personam’ senza il vincolo irrinunciabile di un progetto condiviso, colto e lungimirante”.
– Si riferisce alla politica caprese?
“No. E’ un discorso che ha una valenza generale. Una comunità, per crescere e prosperare, deve individuare un approdo e tenere la barra dritta per arrivarci. Capri si è chiesta, già in anni passati, quale dovesse essere quell’approdo. Ci furono studi e confronti intelligenti e generosi. E’ una buona pratica che va ripresa, con onestà e senza pregiudizi di parte, ma anche senza provincialismi e indulgenze che solleticano la pancia di qualche ‘paesano’, ma non fanno il Bene di Capri”.
Claudia Catuogno